Il recente aggiornamento firmware rilasciato da Bambu Lab per le sue stampanti 3D delle serie A e P ha scatenato un’ondata di critiche e proteste nella community globale della stampa 3d. Al centro della polemica: l’introduzione del discusso sistema “Authorization Control”, presentato dall’azienda come misura di sicurezza, ma interpretato da molti come un’ulteriore chiusura verso un ecosistema sempre meno aperto.
L’aggiornamento, identificato con le versioni 01.08.02.00 per la serie P e 01.05.00.00 per la serie A, blocca la comunicazione con software di terze parti non ufficiali, tra cui Orca Slicer, uno strumento open-source fino a poco tempo fa compatibile con le macchine Bambu Lab. Il suo sviluppatore, SoftFever, ha pubblicamente respinto l’adozione del sistema “Bambu Connect”, definendolo superfluo e privo di reali vantaggi per gli utenti.
La scelta ha innescato una durissima reazione sui forum ufficiali e sui canali social, dove si accusa l’azienda di promuovere un modello chiuso, limitando la libertà dell’utente, la compatibilità con accessori diffusi (come il Panda Touch di Biqu) e soprattutto tradendo lo spirito open-source che ha da sempre animato il settore.

Una svolta verso il controllo proprietario?
Secondo Bambu Lab, è ancora possibile effettuare il downgrade del firmware per evitare le nuove restrizioni, ma molti utenti lo interpretano come un segnale chiaro: l’azienda si starebbe muovendo verso un sistema sempre più proprietario, con scarsa tolleranza per le soluzioni non ufficiali.
Una via d’uscita parziale esiste: il firmware 01.08.00.00 della serie P supporta i nuovi cambiatori di materiale AMS 2 Pro e AMS HT senza includere l’Authorization Control, consentendo così agli utenti più esperti di aggiornare l’hardware senza accettare i nuovi limiti software.
Reazioni dell’industria: “Un precedente pericoloso”
Le reazioni da parte di figure di rilievo nel settore non si sono fatte attendere. Josef Prusa, fondatore di Prusa Research, ha dichiarato su LinkedIn: “Abbastanza inquietante la direzione in cui si sta muovendo l’industria della stampa 3D: il controllo dei dati sta diventando il nuovo campo di battaglia.” Un punto di vista condiviso anche da Nick Sonnentag, CEO della Sunnyday Technologies, specializzata nella stampa 3D per l’edilizia, che ha definito la mossa “una delusione” e un rischio per l’innovazione.
Il caso richiama alla memoria episodi passati: nel 2024, un altro aggiornamento controverso bloccò le modifiche non ufficiali sulla serie X1, costringendo l’azienda a introdurre una soluzione “una tantum” che consentiva firmware esterni, ma solo al prezzo della rinuncia alla garanzia e al supporto ufficiale.
La risposta di Bambu Lab: “Sicurezza prima di tutto”
In un post ufficiale sul blog aziendale, Bambu Lab ha parlato di “informazioni errate” e ha difeso la sua posizione, affermando che la modalità sviluppatore introdotta con l’ultimo update garantisce ancora la possibilità di stampare in rete locale, senza sacrificare la sicurezza cloud.
Nonostante ciò, la frattura con la community appare profonda. Molti utenti si interrogano se il modello aperto che ha favorito l’evoluzione della stampa 3D stia cedendo il passo a logiche di controllo simili a quelle già viste nel settore tecnologico mainstream.
Con l’industria dell’additive manufacturing in continua espansione, la scelta di Bambu Lab potrebbe segnare un punto di svolta: una stretta definitiva sull’interoperabilità o il catalizzatore per una rinnovata spinta verso l’open-source?